Volendo ricorrere ad un’espressione un poco roboante, potremmo definirlo come una delle tante testimonianze che la tavola ci offre, della legge della natura che
"nulla crea, nulla distrugge e tutto trasforma".
Perché in effetti l’aceto non è che il prodotto finale di una trasformazione, che la natura porta a termine, lasciando ai margini la mano dell’uomo. Certo, poi la gastronomia ha realizzato un vero e proprio capolavoro, l’ennesimo, conferendo un’assoluta dignità culinaria, a quello che altro non è che vino-andato-a-male.
E a partire dalla notte dei tempi, peraltro.
Prima, per esempio, come bevanda dissetante.
In epoca romana, infatti, era utilizzato così soprattutto dalle soldatesche, come testimoniano anche i racconti sacri. Ma poi ricavandone un ottimo condimento, immancabile soprattutto alla tavola degli italiani. E la sapienza gastronomica nostrana ha saputo elaborare grandi qualità di aceti, da vino bianco e da vino rosso, che toccano l’apice con l’aceto balsamico, sua Maestà, che ha la capitale del suo regno nella città emiliana di Modena.